C’è una Valle, in Italia, in Piemonte, che comprende 42 piccoli comuni che sommano poco più di 90.000 abitanti, dove, dal 1989, il Governo Italiano e la Comunità Europea stanno imponendo un progetto che gli abitanti della Valle hanno ripetutamente contestato e definito inutile e dannoso. E’ il progetto che prevede il passaggio di una nuova linea ferroviaria tra Torino e Lione, completando il corridoio tra Kiev e Lisbona, una “grande opera” che sfida le tendenze conservative degli ambientalisti più accreditati e rischia di distruggere completamente l’habitat della Valle, cambiando non solo il profilo dei luoghi, delle colline e dei boschi, ma mettendo a repentaglio la salute di chi abita questi luoghi perché lo scavo di una galleria lunga quasi 50 km metterebbe a nudo il sottosuolo delle colline, ricco di amianto e metalli pesanti, il cui smaltimento potrebbe creare danni notevoli alla comunità locale. Del resto nessuno ha capito fino in fondo la vera utilità di questa opera che sembra un grande business solo per chi la realizza, ma di certo non per chi la fruirà o la subirà.
Su questa diatriba, si è scatenata una lotta di resistenza ultratrentennale di cui il nostro Festival ha dato più volte notizia, ospitando testimoni ed esperti della vicenda, tra cui alcuni aderenti al Movimento NO TAV. I lavori sono stati più volte fermati e altrettante volte rilanciati e sembra che sia arrivato il momento di dare la svolta definitiva ai cantieri, ma i Valsusini, accusati di volta in volta di violenza terroristica o di becera miopia campanilistica (“nimby”), non intendono recedere e chiedono sostegno ad altre comunità minacciate dalle grandi opere.
Il XIII Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli ha raccolto il loro appello e ha dedicato questa edizione 2021 alla loro determinazione e alla difesa dell’identità dei luoghi, minacciata da progetti la cui utilità non è stata mai dimostrata. Infatti, da questi presupposti, scaturisce l’aggressione del potere e delle lobby imprenditoriali che ricorrono alla legge e alla forza per imporre il loro volere, senza alcun confronto con chi abita una regione così vasta, destinata ad essere stravolta per soddisfare interessi di dubbia utilità pubblica. In questa protesta popolare sono facilmente riconoscibili elementi di persecuzione ed accanimento giudiziario sui quali il Festival inviterà a discutere i protagonisti, per dimostrare che non sempre la legge è giustizia e che ribellarsi è doveroso per difendere i diritti di una comunità.